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Ridateci i maestri di una volta

Scritto da Salvatore Seno. Postato in Il Punto!

di Gian Antonio Stella, Il Corriere della sera, 2.1.2018
Tiravano su i ragazzi guardando la realtà in faccia. Come Alberto Manzi che, per conquistare i 94 alunni della sua classe, in un riformatorio, sfidò a pugni il più strafottente: chi vinceva comandava

La statua «itifallica» del dio Min del terzo secolo avanti Cristo è una testimonianza preziosa che dà lustro all’esposizione «Egitto. Dei, Faraoni, Uomini» e richiama un’antichissima devozione agli dei e alle dee della fertilità radicata in tutti i continenti? Non importa: «Non posso esimermi come educatore dall’interrogarmi se sia prematuro mostrare simili rappresentazioni della corporeità umana in palese esibizione erotica». O la statuina viene quindi «mutandata» (nella scia del «Braghettone» che coprì le pudenda michelangiolesche nella Cappella Sistina) o lui non ci porterà i suoi alunni. Scusate: era così difficile usare di qua il Natale e di là la mostra per spiegare «prima» ai bambini perché gli italiani sono affezionati al bambin Gesù e perché l’antichità è piena di statuine dedicate alla fertilità? Aridateci i maestri d’una volta. Che tiravan su i ragazzi guardando la realtà in faccia. Come Alberto Manzi che, per conquistare i 94 alunni (novantaquattro: dai 9 ai 17 anni!) della sua classe, in un riformatorio, sfidò a pugni il più strafottente: chi vinceva comandava. O il supplente de «il Cuore» di De Amicis che alla parola «ciechi» prese tutti di petto: «Ma capite bene il significato di quella parola? Pensateci un poco. Ciechi! Non veder nulla, mai! Non distinguere il giorno dalla notte, non veder né il cielo né il sole né i propri parenti, nulla di tutto quello che s’ha intorno e che si tocca; essere immersi in una oscurità perpetua…». E i ragazzi, statene certi, venivano su più diritti.

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