Lo so, sono un po’ cattivello, ma – come diciamo a Roma – quanno ce vo’ ce vo’! Non bastano i danni della 107, che stanno gettando le scuole in gare competitive con chiara violazione di quel principio di eguaglianza e di equità che ha sempre caratterizzato la nostra scuola pubblica nella sua interezza! Basti ricordare l’articolo 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Mi sembra che la 107 non sia affatto coerente con questo principio.
Intervenire su un’operazione così delicata qual è quella della valutazione non è cosa da amministratori, ma riguarda in primis pedagogisti e docimologi. Con chi si è confrontata la ministra per giungere a questa innovazione? Ma certo! Si sarà chiesta! Basta con la valutazione decimale! Essendo dieci i valori, non esiste un voto intermedio… In effetti, quante discussioni nei consigli di classe di fine anno, quando il presidente dice: “Insomma, professoressa, questo cinque vogliamo portarlo a sei? L’alunno ha otto in tutte le altre materie! E’ opportuno caricarlo di questo debito?”. “Mi dispiace, ma il mio cinque resta tale. Questi sono i voti che l’alunno ha riportato nel secondo quadrimestre: quattro, impreparato, impreparato, sei meno meno, cinque meno! E poi l’ho anche sollecitato ad affrontare un’ultima prova, scritta o orale, per consentirgli di rimediare! Non ne ha voluto sapere!”. “Non ha torto, comunque è solo un cinque a fronte di altri voti molto alti!”. E discussioni a non finire fino a mezzanotte!
Insomma, con le scale valutative pari, trovare la posizione centrale è difficile! Di qui i cinque più, i sei meno meno, i quattro e mezzo, ecc! Anche se la norma è chiara da sempre! I voti a disposizione sono dieci e vanno usati per intero! I genitori non lo sanno, ma potrebbero senz’altro contestare i meno meno, o gli zeri! Una volta presi zero spaccato in un compito di italiano! La disperazione dei miei genitori!!! ! Né l’insegnante né io sapevamo che non è consentito dalla norma. Lo zero non fa parte della scala decimale. Ma gli insegnanti non sono contenti ed usano scale di venti o trenta gradini: quattro meno meno, sei più, sette e mezzo, rarissimamente un nove o un dieci: la scala nella testa e nelle abitudini di tanti insegnanti non è da uno a dieci, ma da tre a otto! Un dieci si dà solo a un Manzoni o a un Einstein! Così mi dicevano i miei insegnanti del tempo antico… un tempo che non riesce mai a diventare moderno! Ne consegue che necessariamente si ricorra ai più e ai meno, che in effetti non sono affatto previsti dalla norma. E sono anche formalmente contestabili.
E adesso giunge l’americanata: cinque livelli, da A a E! Un enorme vantaggio è dato dal fatto che una scala dispari consente di individuare quel valore intermedio che una scala pari non consente: quante discussioni sul cinque che potrebbe/dovrebbe “essere portato a sei”!!!
Cade sulla testa degli insegnanti una innovazione non da poco, ma… perché non si è scelto, invece, di incrementare un discorso serio sulla valutazione? Da sempre insisto sul fatto che la docimologia è una disciplina come le altre, come il latino o la matematica, ma… mentre gli insegnanti di latino e di matematica sanno tutto – o dovrebbero – della loro disciplina, nulla sanno della disciplina docimologia.
E allora i criteri valutativi possono essere dieci o mille, ma occorre operare una scelta condivisa. Se non si interviene con gli insegnanti, e a tappeto, sui problemi che la “disciplina valutazione” comporta, i nostri insegnanti troveranno il modo di utilizzare – come fanno da sempre – i più, i meno, i meno meno e così via!
No! Non si governa così una scuola, soprattutto in materia di valutazione! Personalmente sono o sarei da’accordo con qualsiasi scala di valori, purché ne siano chiariti modalità e fini e, soprattutto, debitamente condivisi.
Per non dire della differenza che corre tra misurazione e valutazione. Un conto è la conta degli errori: altro conto è un giudizio valutativo. Antonio, che “prende sempre otto nei temi di italiano”, nell’ultimo tema, invece, “prende un quattro tondo tondo”. Fiorella, che “prende sempre quattro” nell’ultimo tema, invece, “prende otto”! Qualcosa è successo! Ed è l’analisi di questo qualcosa che comporta l’espressione di un giudizio valutativo circostanziato e articolato. In effetti tra il misurare e il valutare corre una grande differenza! Per non dire poi del certificare, che è tutt’un’altra cosa!
Ma! Cheddiocelamandibuona!!! Chi ci salverà da questi incompetenti governanti? Non è dato saperlo!
Roma 20 settembre 2016 – Evviva la Breccia di Porta Pia!!!