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I “furbetti della 104”: così gli insegnanti usano le invalidità dei parenti per avere una cattedra

Scritto da Salvatore Seno. Postato in Il Punto!

,  Linkiesta,   11.5.2016

Sembra un film di Checco Zalone, è la realtà: i permessi di accompagnamento ai parenti disabili tra i lavoratori della scuola sono dieci volte più numerosi che nelle aziende private. Un’ arma per salire in graduatoria, grazie a commissioni compiacenti

Si chiama Legge 104 ed è una norma del 1992 che permette a chi è affetto o a chi ha parenti affetti da disabilità, di usufruire di permessi retribuiti per accudirli, assentandosi per un massimo di tre giorni al mese dal luogo di lavoro. Che fa risparmiare un sacco di soldi – circa 33 miliardi di euro, secondo le stime del Censis – al sistema sanitario nazionale: i lavoratori che usufruiscono di questa possibilità sono infatti circa 3,3 milioni che offrono assistenza per oltre 7 miliardi di ore.

Ad esempio, riescono a ottenere i benefici della legge 104 genitori di figli celiaci – patologia fastidiosa, ma che di certo non è invalidante, né necessita di assistenza domiciliare – così come nipoti di nonne che abitano a centinaia di chilometri di distanza, e che a meno di avere a disposizione il teletrasporto non possono essere assistite.

Alcuni raccontano di colleghi che sono riusciti a ottenere più di una 104, diventando, almeno in teoria, infermieri a tempo pieno. Di altri che riescono a farsela prolungare oltre i due anni previsti dalla legge. Di altri ancora che, posizionando strategicamente i giorni di permesso, ad esempio negli ultimi tre giorni del mese e nei primi tre del mese successivo, usano il periodo di assistenza ai loro “presunti invalidi” per farsi una bella vacanza.

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